Dopo
la Battaglia del fossato, Maometto inviò dei sicari per uccidere il suo
principale rivale alla Mecca, Abu Sufyan.
Dalla biografia di Al-Tabari:12
T1438 Maometto inviò due uomini alla Mecca per
uccidere il suo rivale, Abu Sufyan. Il piano era semplice, e il leader era
originario della Mecca, per cui conosceva bene la città. Partirono su un
cammello verso la casa di Abu Sufyan, dove uno di loro sarebbe rimasto di
guardia mentre l’altro sarebbe entrato e l’avrebbe ucciso con un coltello. Ciò
nonostante, il musulmano che doveva aiutare voleva andare a pregare alla Kaaba.
Il leader non era d’accordo, perché l’avrebbero riconosciuto, ma l’altro
musulmano insistette e alla fine furono alla Kaaba, dove ovviamente il leader
fu riconosciuto. I meccani lanciarono un grido di allarme e fuggirono dalla
città. Non era più possibile uccidere Abu Sufyan.
T1439
I musulmani scapparono in una grotta alla periferia della Mecca. Posizionarono
delle rocce davanti alla grotta e aspettarono in silenzio. Un meccano si
avvicinò alla grotta mentre tagliava dell'erba per il
suo cavallo. Il leader musulmano uscì
dalla grotta e lo uccise con una coltellata al ventre. L’uomo gridò
ad alta voce, e i suoi compagni arrivarono di corsa; tuttavia, erano più interessati al loro compagno morente che agli
assassini e se ne andarono portando via con sé
il corpo. I musulmani aspettarono per un po’
e scapparono nuovamente.
T1440 Sulla via del ritorno a Medina, i
musulmani incontrarono un pastore con un occhio solo. Scoprirono di formar
parte dello stesso clan. Il pastore gli rivelò che non era un musulmano e che
non lo sarebbe mai stato. Mentre stavano seduti a parlare, il pastore si sdraiò
e si addormentò. Il capo afferrò il suo arco e conficcò la sua punta nell’occhio
del pastore, trafiggendo il suo cervello e la parte posteriore della sua testa.
Poi si rimisero in movimento verso Medina.
T1440 Sulla strada, il leader
vide due meccani che erano nemici dell'Islam. Sparò a uno dei due e catturò l’altro,
portandolo con sé a Medina. Quando arrivarono da Maometto con il
prigioniero e gli raccontarono l’accaduto, Maometto rise così forte che gli si potevano vedere i molari. Poi
li benedisse.
Commenti dell’autore:
Nei suoi primi
giorni come profeta alla Mecca, Maometto non fu per niente violento. I suoi
insegnamenti erano religiosi e confinati alle minacce nell'aldilà. A questo
punto, però, il suo odio per coloro che si rifiutavano di credere in lui
potrebbe essere definito disumano. La sua personalità è descritta dagli psichiatri
come narcisistica: pretendeva che tutti l’adorassero e mostrava un odio
psicopatico verso coloro che non gli davano la considerazione che richiedeva.
In fondo, questi sono i valori sui quali si fonda l'Islam.
I musulmani credono
che non esista altro Dio all’infuori di Allah e che Maometto sia il suo ultimo
Profeta. Si crede che Maometto sia perfetto e il Corano ripete continuamente ai
musulmani di emulare il suo comportamento.
Come già sappiamo, i musulmani possono
scegliere di seguire l’esempio di Maometto della Mecca, come la maggior parte
di loro, o di seguire l’esempio di Medina, come i jihadisti. Dal momento che i
versetti precedenti sono abrogati da quelli successivi, il Corano di Medina è
meglio, ma dal momento che il Corano è perfetto, anche il Corano della Mecca è
valido.
Per una mente
occidentale questo è molto confuso. Secondo la nostra logica, se due cose si
contraddicono, allora almeno una deve essere sbagliata. La logica occidentale è
fondata sulla verità, e solo una cosa può essere vera. Nella logica islamica,
invece, “verità” è tutto ciò che fa progredire l'Islam. Due cose possono quindi
contraddirsi ed essere comunque “vere”.
La confusione che
provoca questo concetto è intenzionale, e l'Islam spesso lo utilizza a proprio
vantaggio. L’aspetto più duro (Medina) si cela dietro quello meno rigido
(Mecca). Questa è una delle ragioni per cui i musulmani “moderati” si lamentano
dei jihadisti con i Kaffir ma non potranno mai affrontare questo discorso con i
jihadisti, poiché sanno che l’esempio di Medina è migliore.
1 Il manoscritto originale della biografia di Ibn
Ishaq andò smarrito tempo fa. La Sira
è stata quindi ricostruita tramite le note e scritti di due dei suoi studenti,
Ibn Hashim e Al-Tabari. Pertanto, questa sezione è un estratto della “Sira”.
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